Amedeo Ricucci racconta le “sue” guerre

Nel libro Cronache dal fronte parole e immagini, (Castelvecchi, pp. 144 € 17,50) Amedeo Ricucci, giornalista del TG1 che orgogliosamente possiamo annoverare tra i migliori figli di Calabria, narra, come dice il sottotitolo, per parole e immagini quello che in tanti anni di reporter di guerra ha visto e sentito. Non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione della presentazione del libro alla Mondadori di Cosenza per saperne e capirne di più. Affiancato da un preciso e appassionato Arcangelo Badolati, cronista della Gazzetta del Sud, Amedeo Ricucci ha spiegato come da reporter televisivo che lavora con parole e immagini sente la mancanza della scrittura e che nel libro ha voluto raccontare alcune delle tante storie in cui si è imbattuto nella lunga carriera di cronista dal fronte. L’idea del libro nasce dopo un’esperienza formativa e sperimentale fatta con alcuni allievi di giornalismo e fonde l’esperienza didattica fatta  su due gruppi divisi uno su video e uno su scritti. Le storie e le esperienze di Ricucci sono davvero tante e abbracciano geograficamente tanti paesi e tanti conflitti. Lui stesso racconta del rapimento subito e si adombra nel ricordare la figura di padre Dall’Oglio del quale non si hanno notizie dal luglio 2013 e nel nutrire poca speranza di immaginarlo ancora in vita. Stimolato da Badolati, racconta dei tanti conflitti dimenticati, delle minoranze costrette a scappare, dei Kurdi nemici giurati di Erdogan che come Saddam Hussein guarda con terrore la possibilità della nascita di un grande Kurdistan indipendente e che gli americani hanno usato nella lotta all’Isis e poi abbandonato al loro destino. Da vero addetto ai lavori Ricucci ricorda come proprio la guerra a Saddam sia la madre di tutte le guerre che ancora oggi, a distanza di tanti anni, insanguinano tutto il Medioriente. E a proposito di Isis, Ricucci racconta che sono almeno 70.000 i prigionieri tra gli ex combattenti e i foreign fighters che tutti ripudiano e nessuno rivuole. Parliamo di europei, statunitensi e asiatici partiti dai loro paesi per andare a combattere e adesso imprigionati in attesa di conoscere un destino che non si conosce. Non può mancare un riferimento alla Libia tra le ultime polveriere dove, spiega l’autore, a distanza di tempo dall’uccisione di Gheddafi, tra errori e maldestri tentativi di ricomporre il conflitto, comandano varie milizie e varie bande armate in una situazione di difficilissima composizione. Abbiamo chiesto a Ricucci cosa spinge un giornalista a rischiare la vita andando sui teatri di guerra. Ci ha risposto che, per un laureato in Relazioni internazionali con specializzazione in cooperazione è naturale occuparsi di ciò che purtroppo avviene appunto nelle relazioni internazionali dei vari paesi. Certo bisogna essere predisposti a vivere senza le comodità del mondo occidentale a razionare acqua e viveri, dormire per terra e magari non farsi una doccia per giorni. Infine abbiamo chiesto all’autore cosa dobbiamo aspettarci sul fronte immigrazione e lui ci ha risposto che il fenomeno non puoi arrestarlo e,  possiamo starne certi, che chiusa una rotta i migranti e le organizzazioni criminali ne apriranno altre in un continuo triste divenire antico quanto la storia dell’uomo, auspicando in un mondo ideale l’esistenza di un passaporto internazionale che dia la possibilità a tutti gli esseri umani di muoversi liberamente.

Andrea Vulpitta