Comunicare il vino per comunicare un territorio

di Giorgio Durante

Calabria, siamo all’anno 2018 e ancora non viene proposta da nessuna parte una vera ed efficace campagna di comunicazione, sia essa pubblica o privata, per promuovere il valore e la qualità dei diversi vini che vengono prodotti nelle aree vocate della regione.
Viene invece offerta in forma esclusiva una continua formazione didattica, impostata su conoscenze tecniche e organolettiche o sullo sviluppo di capacità degustative, in assenza di una vera e propria strategia di immagine e comunicazione coordinata, che metterebbe in evidenza le singolarità dei sapori e le peculiarità dei diversi tipi di vino.
Un tipo di offerta limitata che, purtroppo, discrimina e penalizza la possibilità di mostrare le varie potenzialità emozionali espresse da questo tipo di prodotto, che poi è strettamente legato all’identità del territorio da cui proviene.
Eppure, la comunicazione, che è il primo e più opportuno strumento di marketing da utilizzare, non trova ancora la giusta collocazione nelle strategie aziendali di produttori, consorzi ed enti pubblici locali.
Un articolo apparso sulla rivista internazionale The Buyer indica come sia necessario impostare una buona comunicazione e un’adeguata pubblicità dei vini, al fine di riuscire nel doppio intento di stupire e convincere l’acquirente, oltre che di vendere vini e fidelizzare il cliente rispetto a quell’ideale habitat mentale che si ricrea direttamente nel consumatore nel momento in cui conosce anche il territorio di provenienza di quel determinato prodotto.
La stragrande maggioranza di inserzioni, pubblicità o articoli che appaiono su riviste o in rubriche televisive, non ottengono o riproducono poco l’effetto economico sperato dell’investitore, che spesso si ritrova a non avere il giusto ritorno di investimento rispetto al budget speso per promuovere il proprio prodotto.
Questo anche perché i produttori e i rivenditori insistono a mettere in evidenza tutti lo stesso tipo di immagini pubblicitarie per promuovere i vini: l’86% riporta l’immagine di una bottiglia, mentre il 66% si richiama a un elemento di provenienza geografica.
Immagini che non riescono a comunicare un messaggio ben definito e distinto, dove anche gli slogan sono poco memorabili o non riescono a promuovere informazioni originali ed emotivamente rilevanti per il lettore o lo spettatore, peraltro futuro possibile acquirente del prodotto.
Recenti studi di psicologia e neuromarketing, insieme a chiare indicazioni di strategia comunicativa provenienti anche dalle più importanti agenzie internazionali, indicano la pubblicità con contenuti emotivi come dieci volte più efficace nel guidare le vendite e nel convincere all’acquisto e, di conseguenza, al consumo.
Eppure, non sarebbe così difficile usare immagini e parole utili a distinguersi e a promuovere in modo originale i vini calabresi.
Anticamente, la Calabria veniva chiamata Enotria: la “terra del vino”.
Ma in Calabria, purtroppo, ancora oggi, si lavora e si investe poco sulla forza evocativa e suggestiva di questa parola per distinguersi dall’ampia varietà di vini prodotti da centinaia di altre realtà aziendali presenti in tutte le regioni italiane.
Così come si trascura colpevolmente il grande patrimonio enogastronomico presente nella regione calabra, che si potrebbe abbinare in un duplice canale comunicativo fatto di immagini e messaggi, con saperi e tradizioni culturali che lo esprimono e lo esaltano in modo singolare ed esclusivo.
“Distinguersi per non estinguersi” nella comunicazione e nella pubblicità dei vini calabresi rappresenterà un valore aggiunto per la sua azione anticipatrice e innovatrice, visto che una simile strategia non trova un’analoga intuizione e una speculativa messa in opera in altre regioni italiane ed europee.
Una mancanza di originalità promozionale ancora assente tanto nei singoli produttori quanto nelle agenzie pubblicitarie, oltre che negli Enti governativi regionali a cui, troppo spesso, i produttori di vini assegnano erroneamente il ruolo di promotore principale del loro principale interesse economico, oltre che dell’autentico valore qualitativo e commerciale del proprio patrimonio enologico.