I Salumi della Nonna? Solo un ricordo.
di Giorgio Durante -Maestro Assaggiatore Onas-
Nell’andare in giro per la Calabria, in visita o da curioso e cultore della materia, per aziende che si occupano di salumi, con una ricorrenza che ormai è diventata ridondante, si sente asserire: “Queste soppressate, queste salsicce sono fatte come le faceva mia nonna”. Orbene senza voler entrare in tecnicismi che sarebbero fuori luogo in tale contesto, alcune considerazioni vanno fatte. Il tema è ampio e dibattuto, anche in ambito dell’Accademia delle tradizioni enogastronomiche di Calabria (Ente Culturale riconosciuto), gli aspetti molteplici si prestano a diverse e qualche volta contrastanti interpretazioni. Intanto abbiamo il dovere di chiederci se le materie prime utilizzate per fare i salumi sono le stesse di qualche anno fa, e già qui troviamo differenze abissali sia nell’alimentazione dei suini che nelle razze stesse. Radici, Ghiande, pistilli, crusca, frutta e verdura di stagione non sono che un lontanissimo ricordo, Il sistema di allevamento calabrese era d’altronde molto rustico, si preferiva l’allevamento brado o semibrado pertanto il Suino Nero di Calabria era la razza che meglio si adattava all’ambiente spesso inospitale, il Landrace pian piano a partire dagli inizi del “900 prendeva il sopravvento, e man mano che i sistemi di allevamento si raffinavano e la domesticazione e la stabulazione era un obiettivo raggiunto altre razze soprattutto inglesi a rapido accrescimento si sono diffuse ormai si allevano per lo più Large White, Landrace, Duroc e Pietrain. Fatta questa dovuta premessa, dobbiamo saper immaginare gli ambienti dove le carni venivano lavorate e stagionate. La casa tipica rurale era solitamente, composta da non più di un paio di stanze e qualche volta al di sotto avevano dei seminterrati definiti “Catoi”, quello che avevano sicuramente era un tetto e un sottotetto fatto di tavole, il tavolato, sotto le tegole solo listelli legno, qualche volta abbinati alle canne. Il caminetto era l’unico mezzo per il riscaldamento degli ambienti e soprattutto le parti alte avevano temperature diverse e pure una naturale presenza di fumo. La circolazione dell’aria esterna, all’interno delle parti alte della casa dovuta alla mancanza di chiusure ermetiche e la presenza di fumo quasi freddo, unitamente alle antiche tecniche di lavorazione costituivano una combinazione preziosa, e nello stesso tempo efficace per realizzare salumi eccellenti. Dopo la lavorazione che avveniva dopo una congrua frollatura delle carni, e dopo una equilibrata concia per lo più a base di sale, peperoncino “pesato” e aromi, i salumi venivano riposti in mastelli in legno o altri contenitori in legno permeabili disponibili, qui avveniva la scolatura e dopo diverse ore, quando all’interno anche per la compressione dovuta a dei pesi posti sopra, determinava quel fenomeno oggi conosciuto come asciugatura e stufatura con temperatura sopra i 20 gradi, solo allora asciugandoli ancora con delle “pezze” di lino i salumi venivano posizionati sulle pertiche ed esposti all’aria fresca ed al fumo che spontaneamente e in piccola quantità fuoriusciva dal caminetto, invadendo tutti gli ambienti. La Stagionatura e la conservazione, in grano, grasso o olio completavano l’opera. Una buona soppressata con la cosiddetta lacrima era il risultato della combinazione di tutte queste variabili aggiunta ad una grande dose di saggezza contadina tramandata da mamma a figlio e da nonna a nipote. Oggi di tutti i passaggi appena descritti nella norcineria domestica ne rimangono ben pochi, quasi nulla, si trita, si insacca e si appende. Il risultato è dimenticatevi il sapore e i profumi dei salumi della nonna. Fortunatamente oggi la tecnologia può essere un coadiuvante giusto per rispristinare alcune condizioni ambientali adatte alla realizzazione di buoni salumi. L’ONAS, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Salumi, insieme ad enti di ricerca e altri enti ed associazioni, opera proprio nella direzione della crescita qualitativa e culturale del comparto, formando in tutta Italia appassionati che possono diventare tecnici assaggiatori, corsi con numeri sempre più crescenti di iscritti segno della vivacità del comparto che è bandiera di italianità in tutto il mondo.