QUANDO IL GREGGE NON È EMOTIVAMENTE IMMUNE

di Loredana Gaudio
Nel 2018, la Fondazione Gimbe individuava, tra i dodici punti per salvare il Sistema Sanitario Nazionale, l’adozione di un Programma nazionale d’informazione scientifica a cittadini e pazienti per debellare le fake-news, ridurre il consumismo sanitario e promuovere decisioni realmente informate.
Quanto questo sia necessario è evidente a tutti in questo tempo di forte e prolungato stress sanitario in cui si avverte quanto mai necessaria e carente una comunicazione corretta e autorevole da parte delle Istituzioni che non lasci spazio a polemiche inutili e recuperi la fiducia dei cittadini nello Stato.
In questo modo è molto più semplice convogliare le energie individuali e collettive verso l’adozione di nuovi sistemi organizzativi in grado di offrire soluzioni creative alle nuove esigenze di vita, senza che abbiano il sopravvento la confusione, l’incertezza e la paura o, peggio, la diffidenza verso la veridicità della crisi.
Perché il rischio possa essere gestito, è necessario che sia ben comunicato, in modo da limitare i danni, non solo nel breve periodo.
Secondo l’OMS, “la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità.”
Rientra, quindi, nel diritto alla salute, anche quello riferito alla salute emotiva e, di conseguenza, psichica. Per resistere in salute mentale accettabile pur essendo sottoposti a condizione di profonda crisi, sanitaria e multisettoriale, è necessaria una emotività salda che consenta di ottenere il massimo della disciplina da parte di tutti nell’adozione di comportamenti virtuosi che consentano di limitare l’incidenza di eventi sanitari drammatici sulla collettività.
Come per quella fisica, anche la compromissione della salute emotiva è multifattoriale, ma non può prescindere da una partecipazione attiva dell’organismo che si organizza per resistere allo stress.
Può non piacerci, ma tutte le nostre emozioni ed i nostri sentimenti hanno una solida base biochimica, regolata per lo più dal Sistema Nervoso Simpatico che, per restare simpatico, ha bisogno di congrue dosi di serenità.
In condizioni di stress il surrene, una ghiandola neuroendocrina che non ha niente a che fare con il rene se non il fatto di abitarci sopra, rilascia cortisolo e catecolamine nel circolo ematico. Il cortisolo fa in modo che tutte le risorse dell’organismo si concentrino a sostegno delle funzioni degli organi vitali, sospendendo temporaneamente le altre. Quindi, induce in alcuni distretti corporei un accumulo di grassi ed in altri ne favorisce la mobilizzazione, aumenta il catabolismo delle proteine, la gittata cardiaca e la glicemia (agendo anche sull’inibizione dei recettori per l’insulina), riduce la sintesi di matrice ossea e di collagene, mette in pausa il sistema immunitario.
Le catecolamine, adrenalina e noradrenalina, fanno si che i bronchi si dilatino e si respiri più velocemente, inibiscono la peristalsi intestinale, stimolano le neurotrofine (fattori di crescita di neuroni e componenti del Sistema Nervoso Centrale), stimolano anche loro la degradazione del glicogeno per ottenere zuccheri semplici immediatamente disponibili come fonte energetica ed aumentano pressione arteriosa e frequenza cardiaca. Tutto questo salva nel breve periodo, ma diventa causa eziologica di patologie quando lo stress da acuto dovesse diventare cronico. Ad esempio lo stimolo delle catecolamine, determinando anche un aumento dell’attività piastrinica, può aumentare il rischio trombotico.
In condizioni di serenità, gli ormoni maggiormente in circolo, prodotti in diversi distretti corporei, sono serotonina, ossitocina, dopamina, endorfine.
La serotonina, regolando sonno, sessualità e appetito, regola di conseguenza anche umore ed empatia, quel senso di benessere senza ansia così dimenticato in questi tempi. Favorisce la rigenerazione di ossa, cellule epatiche e la produzione di latte materno.
L’ossitocina, oltre che stimolare parto e allattamento, promuove la fiducia nei rapporti umani, i legami, l’empatia e diminuisce la dipendenza da zucchero (quel bisogno di compensare carenze emotive con cibi dolci).
Anche la dopamina è una catecolamina, ma la carica energetica che promuove non è in risposta al di-stress, bensì all’eu-stress (quello buono, che avvertiamo quando siamo carichi per qualcosa di bello). È l’ormone che fa sentire rilassati, gratificati, ottimisti e che facilita, regolando la distensione muscolare, i processi digestivi, respiratori e, di conseguenza, anche quelli cognitivi.
Le endorfine, che sono di quattro tipi diversi, sono in grado di determinare effetti analgesici ed eccitanti, un po’ come gli oppiacei ma senza gli effetti collaterali delle droghe. Inducono benessere, regolano la temperatura corporea, il sonno, le funzioni gastrointestinali, il ciclo mestruale, ma anche la secrezione ormonale ed in particolare quella del cortisolo e delle catecolamine (riducono quindi la risposta allo stress).
Nella gestione di un evento altamente stressante come la pandemia attuale, alternare con frequenza irregolare periodi di maggiori o minori restrizioni, senza riuscire a garantire una relativa tranquillità creando una rete di sinergie atte a rendere possibile un progressivo ritorno alla vita sociale in sicurezza, ma costringendo anche a fare i conti con incognite e informazioni fallaci o discordanti, rende più instabili, aggressivi, ammalati.
L’organismo ha bisogno di informazioni chiare, senza zone grigie, perché la fisiologia e la biochimica regolano processi coerenti, razionali, non di compromesso continuo e aleatorio.
È necessaria una comunicazione istituzionale univoca, chiara e fruibile da tutti, erogata in tempo utile perché ci si possa organizzare sul da farsi di volta in volta nelle porzioni di mondo in cui si vive e lavora. Una comunicazione che ottenga di mantenere alta l’attenzione, non che ingeneri inutili fobie e reazioni convulse che rendono ancora più difficile mantenere la coesione sociale.
Occorrono controlli mirati che abbiano anche funzione divulgativa e non siano soltanto finalizzati a comminare sanzioni che spesso acuiscono il malessere già diffuso e la pericolosa deriva di chi si difende negando l’emergenza sanitaria in atto.
Per vincere quella che Fromm chiamava “l’angoscia di morte” e che ci porta ad identificare nell’altro un nemico, un potenziale untore, scatenando tutto il nostro pregresso malessere e le nostre pulsioni distruttive, è necessario fare appello alla bellezza, ai legami, alla spiritualità, al potenziale del virtuale, ma anche ad una conoscenza in continuo apprendimento, non solo per la scienza, ma per tutto il mondo della cultura, bisogni che alla politica non può essere permesso di ignorare.
Deve essere richiesta, nell’azione politica, la capacità di garantire il diritto alla vita, non alla sopravvivenza, di individui integri, liberi e messi nelle condizioni di poter essere felici.
Perché un completo benessere fisico, mentale e sociale non è altro che questo.
Il diritto alla salute è quindi anche diritto alla felicità e, pur con tutte le limitazioni necessarie per la profilassi sanitaria, non decade in pandemia.
È doveroso per ciascun cittadino offrire il massimo appoggio alle Istituzioni, ma è altrettanto lecito pretendere di avere informazioni chiare e dettagliate su tutto ciò che riguarda l’organizzazione sanitaria e chiedere che ci sia una strategia per la ripresa, per il ritorno in sicurezza alla circolazione delle persone e la relativa coesistenza di questo o altri agenti patogeni ed una comunicazione univoca e autorevole, che sostenga il senso di responsabilità individuale e collettivo.
Loredana Gaudio, biologa
Componente del Direttivo Comitato di Coordinamento Progetto Meridiano