Violenza sui minori, fatalità o sistema inadeguato?

di Rossana Battaglia

Negli ultimi mesi, la Calabria è stata teatro di episodi inquietanti che coinvolgono bambini e adolescenti, suscitando un allarme sociale diffuso e interrogativi profondi sulla tutela dell’infanzia. La gravità e la ricorrenza di questi eventi evidenziano un fenomeno preoccupante, che impone una riflessione urgente sulla capacità delle istituzioni di proteggere i più piccoli.

Dal bambino con lesioni sul Tirreno cosentino alla bambina rapita a Cosenza, dall’operazione antipedofilia di Reggio Calabria alla neonata morta in casa a Trebisacce dopo una visita in ospedale, fino al caso del bambino morso a Pizzo: storie apparentemente scollegate, ma che rivelano una realtà allarmante.

Un’escalation di violenze: fatalità o sistema inadeguato?

Di fronte a una sequenza così drammatica di episodi, la domanda è inevitabile: si tratta di tragiche fatalità o di un sistema di protezione che non funziona come dovrebbe? È inaccettabile che bambini subiscano maltrattamenti, abusi o addirittura perdano la vita in circostanze poco chiare.

L’Italia dispone di un quadro normativo solido per la tutela dei minori, con strumenti come la Legge 119/2013 sul contrasto alla violenza domestica e il Codice Rosso del 2019, che accelera le procedure per le vittime. Tuttavia, la loro applicazione concreta presenta ancora molte criticità.

In Calabria esistono centri antiviolenza, case rifugio e servizi sociali dedicati ai minori, ma il sistema di protezione mostra evidenti falle: mancanza di risorse, personale insufficiente e difficoltà di coordinamento tra i vari enti rallentano gli interventi, lasciando i bambini esposti a rischi.

Le comunità per minori sono spesso sature, gli assistenti sociali sovraccarichi e i servizi territoriali operano in condizioni di emergenza. In un contesto del genere, la prevenzione diventa un’utopia e il monitoraggio delle situazioni a rischio è inefficace.

Si poteva evitare?

Ogni volta che una tragedia colpisce un bambino, ci si chiede: si poteva evitare?

In alcuni casi, la risposta è sì. Nel caso della neonata deceduta dopo la visita in ospedale, bisognerà accertare eventuali negligenze mediche. Per il bambino con lividi ed ecchimosi, forse si poteva intervenire prima. Troppo spesso, però, si agisce solo dopo che il danno è avvenuto, anziché prevenire.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Palma, ha evidenziato l’esistenza di un sommerso di violenze non denunciate, segno di una fragilità strutturale nel sistema di protezione.

Un grido d’aiuto che non può essere ignorato.

Questi episodi non possono essere relegati a semplici casi di cronaca nera: sono il sintomo di un sistema che non protegge abbastanza i bambini, di una falla nel sistema di protezione dell’infanzia che non può essere ignorata.

Servono più risorse per i servizi sociali, maggiore formazione per gli operatori e protocolli di intervento più rapidi ed efficaci. È fondamentale investire in programmi educativi per insegnare rispetto, empatia e gestione delle emozioni sin dalla prima infanzia. E poi potenziare le campagne di sensibilizzazione, specialmente nei contesti più vulnerabili, per informare bambini e famiglie sui loro diritti e sulle possibilità di aiuto.

La Calabria non può restare a guardare. La società civile ha il dovere di pretendere giustizia e sicurezza per i più piccoli, perché un’infanzia violata è una ferita che colpisce tutta la comunità.