Agroalimentare Calabrese, DOP, IGP, STG, BIO, ancora una volta mancato l’appuntamento con le opportunità offerte dall’Unione Europea

di Francesca Librandi

Fondi europei, DOP, IGP, BIO: come perdere un’altra opportunità

Riflettori da puntare sui sedici progetti finanziati con oltre dieci milioni di euro di fondi comunitari per la promozione dei prodotti calabresi riconosciuti

Mentre tutti i territori europei lavorano per acquisire più certificazioni comunitarie, tipo DOP e IGP piuttosto che SGT, la Calabria sembra andare controtendenza: certo, non è più una novità e, forse, nessuno si meraviglia più di questo, tanto si è abituati a fare brutta figura. Il problema è che a rimetterci è l’economia già in asfissia di questa regione.

E mentre in alcuni territori qualcuno continua a difendere il proprio orticello e disquisisce di DOP o IGP da riservare ad aree più o meno ristrette, da circoscrivere possibilmente al perimetro del cortile di casa propria, nel Galles si sono già organizzati per produrre la ‘Nduja.

Proprio così: la ‘Nduja, che ormai rappresenta iconicamente la Calabria ma che non ha ancora nessun marchio a proteggerla dalle imitazioni, ormai dilaganti.

Ma non è il solo esempio: recentemente, è capitato di trovare pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana la notizia che il Consorzio di tutela dei Salumi di Calabria A DOP, per come era stato battezzato, ha cessato di esistere. Anzi, no.

Sempre per come riportato in Gazzetta, con Decreto del 27/01/2021, l’organizzazione si è trasformata da poco in Consorzio di tutela del Capocollo di Calabria DOP e della Pancetta di Calabria DOP (GU Serie Generale n. 35 del 11-02-2021, ndr).

Così, la soppressata e la salsiccia DOP di Calabria sono rimaste orfane di tutela e valorizzazione. Un’altra occasione persa dove invece si poteva costruire e aggregare, semplicemente essendo inclusivi e negoziando.

Ufficialmente, come sempre, “tutto a posto”: tanto che nulla appare su siti ufficiali e istituzionali, tipo ARSAC, mentre la polvere sotto il tappeto aumenta di volume fino a non poter essere più nascosta.

Ma le vicissitudini dell’Agroalimentare di qualità calabrese non finiscono qui.

Forse, più grottesca di tutte è la vicenda del bergamotto che ha reso famosa la città che da sempre lo coltiva: Reggio Calabria e la sua area metropolitana.

Il grido di allarme viene dal presidente del Museo del Cibo di Reggio Calabria, Vittorio Caminiti, e dal Prof. Antonio De Septis, che si dicono preoccupati  per l’accaduto.

In realtà, la notizia apparsa sulla stampa e sui social, che chiama in causa il Bergamotto di Reggio Calabria e che mette in discussione la sua provenienza, è vera solo in parte.

A rassicurare i reggini ci ha pensato il Comitato per il Bergamotto di Reggio Calabria: sotto accusa “le Bergamottes de Nancy”, caramelle che da duecento anni sono diventate un marchio che contraddistingue la città di Nancy nell’Alsazia Lorena e che da tempo hanno ottenuto il riconoscimento comunitario IGP.

È vero il fatto, però, che il frutto del Bergamotto non è sotto tutela del marchio europeo DOP, perché lo è solo il suo olio essenziale.

Certo, la confusione è tanta ed emerge anche un’inadeguatezza della classe politica e dirigente calabrese, spesso sparata su poltrone sottostanti scrivanie sulle quali giacciono carte per loro indecifrabili o di fronte monitor tristemente spenti.

Insomma, si è alle solite: si inseguono obiettivi irraggiungibili, ma solo per i calabresi, mentre altri certificano addirittura le caramelle.

E, nel frattempo, non si riesce a certificare centinaia di prodotti che caratterizzano il ricco e qualificato panorama enogastronomico regionale, che la generosa terra calabra, ultimo lembo d’Italia, dona copiosamente ai suoi abitanti.

Ma sempre a proposito della polvere sotto il tappeto, si è tutti curiosi di conoscere il destino dei 10.629.200,44 euro assegnati dalla graduatoria definitiva finale della Misura 3.2.1 “Aiuti ad attività di informazione e promozione implementate da gruppi di produttori sui mercati interni”, sotto-intervento A – attività di informazione e promozione dei marchi Dop, Igp e Bio – annualità 2018 – del Psr Calabria 2014/2020.

Dall’istruttoria delle domande dell’intervento, risultano finanziabili 16 progetti per un contributo concesso pari alla cifra sopra enucleata con precisione.

Salvo rare e ben visibili eccezioni, parliamo ad esempio del povero tubero silano, che si fregia del marchio comunitario IGP, non si è nelle condizioni di annotare altro, perché quando si parla di comunicazione, la comunicazione parla.

Ancora una volta si assiste al mesto spettacolo di musici, nani, acrobati e ballerine, che si adoperano affannosamente per inventarsi soluzioni da acrobatica architettura finanziaria, altro che ingegneria: operazioni finalizzate all’appropriazione dei fondi comunitari, così come è già accaduto altre volte nel recente passato.

In questo caso, però, essendo le maglie dell’autorità di sorveglianza sempre più strette, gli stessi loschi figuri di sempre sono alle prese con il classico cilindro per tirar fuori, da bravi prestigiatori, figure che ancora mancavano alla compagnia sopra citata, una soluzione furba che faccia mettere ancora una volta le mani sul malloppo.

Altro che promozione e valorizzazione per l’agroalimentare calabrese!